Di Loris Brioschi – Sinistra Anticapitalista, Controtempi


Dopo l’intervento di lunedì sul rapporto tra la pandemia di Covid-19 e la crisi ecologica, continuiamo l’indagine con quest’articolo: in che modo le politiche di tagli indiscriminati ai servizi pubblici, perpetrati dai governi di qualsiasi colore nel corso degli ultimi decenni, hanno preparato il terreno alla terribile crisi sanitaria che stiamo vivendo? Era davvero impossibile prevedere gli effetti delle scelte fatte?

È in corso la maggiore pandemia del secolo, che sta mettendo a dura prova l’efficacia e l’accessibilità della sanità pubblica in Italia (quella privata è praticamente assente). L’organizzazione attuale non ha la capacità di adattarsi ad uno shock improvviso, ad una emergenza prolungata nel tempo e che può ripetersi nel futuro.

A questo è stata ridotta dalla politica “aziendalsanitaria” di tutti i governi succedutisi. In meno di dieci anni, dal 2010 al 2016, sono stati eliminati 70.000 posti letto, chiusi 175 ospedali, ridotte le ASL da 642 negli anni ’80 a 101 nel 2017. Tutto a vantaggio della sanità privata, dell’industria sanitaria, delle assicurazioni e del welfare inserito nei contratti di lavoro, che non proteggono dalle pandemie. Quest’”americanizzazione” della sanità ha provocato un aumento delle spese sanitarie per i cittadini del 9,6% nel solo 2017. Milioni di italiani hanno dovuto rinunciare a curarsi non avendone la disponibilità.

In Italia hanno portato gli ospedali pubblici allo stremo; hanno fatto piazza pulita della prevenzione; hanno caricato tutto e di più sui medici di medicina generale, eliminando la presenza territoriale.

Questa situazione ha evidenziato la mancanza di personale medico e paramedico per effettuare diagnosi e curare i pazienti, insieme alla disponibilità di letti (terapia intensiva) e di attrezzature indispensabili (ventilatori polmonari). Che l’epidemia sarebbe arrivata lo si sapeva, le autorità sanitarie e politiche non si sono premurate neanche di comperare i DPI. (Dispositivi di Protezione Individuale). Il piano pandemico della OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) esiste dal 2002 pertanto le procedure per la preparazione alla pandemia erano già codificate, ma non sono state diffuse e applicate. Questo è la principale causa del numero elevatissimo di personale sanitario contagiato (16.991 al 17 aprile pari al 15% dei contagiati).

I tagli al sistema sanitario (meno 37 miliardi in dieci anni) ha provocato tagli al personale e il blocco delle assunzioni il mancato ricambio generazionale. Anche sul territorio i medici di famiglia hanno un’età media superiore ai 55 anni, con un turnover minimo. I giovani medici hanno avuto serie difficoltà create dalla mancanza di tirocini e borse di specializzazione post laurea.

La Cina, primo paese colpito, ha effettuato azioni per rallentare e fermare l’epidemia, ma noi di fronte a una condizione sconosciuta non abbiamo seguito l’esempio. Per prima cosa hanno rapidamente chiuso tutte le attività non essenziali, e organizzato il territorio per impedire i contatti non protetti, successivamente i contatti stretti con positivi sono stati tutti individuati e messi in quarantena in luoghi appositamente destinati. Azione fondamentale, per il contenimento dei contagi, hanno messo in sicurezza i presidi sanitari e il personale applicando i protocolli rigidamente per ricoverare tutti i pazienti sintomatici. Da ultimo, le risorse che si sono liberate dalla chiusura delle attività non necessarie e altre straordinarie si sono concentrate nello sforzo sanitario e di assistenza nel territorio.

sanità privata

Invece in Italia, le attività non essenziali sono state chiuse con forte ritardo e con maglie troppo larghe. Il tampone per la diagnosi viene fatto solo ai pazienti che arrivano in ospedale con insufficienza respiratoria grave e i contatti stretti non sono censiti in tempo utile.  In un primo periodo quando i parenti di un ammalato chiamavano il call center su indicazione del medico di famiglia per ricevere istruzioni sull’isolamento, le persone sintomatiche rimanevano a domicilio non avevano una diagnosi certa. Anche quando I medici di base invitavano a chiamare il call center per ricevere le istruzioni sull’isolamento non avevano risposte certe e tutti componenti della famiglia, uno alla volta, si ammalavano. Ad oggi non è stato determinato un protocollo terapeutico minimo e quando gli ammalati a domicilio vanno in insufficienza respiratoria chiamano il 112 e forse arrivano in ospedale… ma di solito gravissimi. In questo modo non avendo una presenza sul territorio tutto veniva scaricato sugli ospedali, che rischiavano il collasso. Questa mancanza presenza territoriale e errori di gestione hanno determinato la strage dei residenti nelle RSA (Residenza Socio Assistenziale), oggetto ora di indagini da parte della magistratura e dell’Istituto Superiore di Sanità.

In Lombardia, la regione più colpita, La Giunta Regionale di destra continua a sostenere la politica di potenziare le terapie intensive (anche se per non smentirsi, rinuncia al ripristino di strutture ospedaliere chiuse e punta a ospedali da campo e padiglioni in ex fiere) ma la totale mancanza di presidio del territorio, l’impreparazione e la mancanza di decisioni rapide e straordinarie dà conto del numero impressionante di morti. A oggi infatti i morti sono oltre i 13.000: la metà rispetto a tutta Italia. La grande eccellenza lombarda, già minata da corruzione e frodi che hanno portato a una condanna a sette anni e mezzo dell’allora Presidente della Regione Roberto Formigoni, si è sgretolata in poche settimane.

E, come se non bastasse, oggi ci si prepara alla Fase 2.

«Abbiamo chiuso l’Italia con 1.797 casi al giorno e la riapriamo tutta quanta insieme con 2.200. È una cosa senza metrica»: queste sono le parole di Andrea Crisanti, il virologo che ha permesso al Veneto di contenere rapidamente i contagi. Il suo intervento a Vo’ Euganeo, il primo focolaio della regione, in cui ha sottoposto a test l’intera popolazione, è stato infatti determinante per comprendere il gran numero di portatori sani di questa malattia, e poter intervenire in modo mirato. Intervistato da AdnKronos, Crisanti commenta così la riapertura:

Ci si è mossi senza considerare le differenze regionali, senza valutazioni del rischio. È chiaro che il rischio è diverso tra regione e regione e non è uno dei fattori che viene valutato. In conclusione, nell’equazione che si sta utilizzando non entra la valutazione del rischio. (…) Il metodo alternativo era aprire in un primo gruppo di regioni, con situazioni differenti a livello epidemiologico e sociale e con diverse capacità di risposta, per capire quale dinamica si sarebbe innescata. In questo modo avremmo potuto testare la capacità di reazione, differenziare e gradualmente aprire tutto il resto.

(da AdnKronos)

I motivi di questa riapertura sono chiari a tutti: le persone servono fintantoché vanno a lavorare, e questo lavoro si può trasformare in guadagno. Tutto il resto diviene secondario. 

La crisi sanitaria in corso dimostra ancora una volta che gli interessi dei cittadini/lavoratori e quelli dei padroni/Confindustria sono esattamente opposti. È doveroso iniziare una campagna rivendicativa che attraverso una forte progressività fiscale e l’introduzione della patrimoniale richieda inoltre:

  • Messa in sicurezza di tutte/i coloro che operano nei servizi essenziali a partire dalla sanità (significa strutture, materiali e numero di personale adeguato, ecc.).
  • Distribuzione del materiale medico di protezione e test gratuiti per tutta la popolazione
  • Messa sotto controllo pubblico dell’industria farmaceutica, e requisizione delle cliniche private.
  • Messa in cantiere di un vasto piano nazionale di rilancio del servizio pubblico nazionale, grazie a grandi investimenti, massicci assunzioni di personale, fine del blocco di accesso alla facoltà di medicina, ecc.
  • Cancellazione totale di ogni progetto di autonomia differenziata regionale.
  • Fine definitiva del patto di stabilità e di tutti gli accordi liberisti che impongono la precarietà
  • Cancellazione del pareggio di bilancio in Costituzione.

Qui la terza parte, sulla scuola.

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