dei Collettivi Ecosocialisti di Sinistra Anticapitalista


Pubblichiamo qui l’introduzione agli Atti del Primo seminario dei Collettivi Ecosocialisti di Sinistra Anticapitalista. Un testo pubblicato in forma cartacea e online nel 2018 e che riteniamo possa fornire la base per un dibattito collettivo e pubblico sull’ecosocialismo. A questo contributo seguiranno nelle prossime settimane altri nove interventi ognuno dedicato a un tema specifico (Barbara Balsamo, Lo sfruttamento degli animali nel modo di produzione capitalistico; Bruno Buonuomo, Cambiamenti climatici e questione energetica; Delia Carloni, Uomo, “natura”, evoluzione; Marco Ciccarella, Capitale, programmazione di massa, desiderio; Marsia Comparoni, Le basi fisiologiche del desiderio; Raffaele De Blasio, La riconversione ecosocialista e il programma di transizione; Marco Maurizi, La questione animale e l’Ecosocialismo; Umbero Oreste, Evoluzione storica del rapporto uomo-natura; Giovanna Tinè, Per un ecosocialismo femminista e un femminismo ecosocialista).

Si è concluso il 22 ottobre a Marina di Ardea il primo incontro dei Collettivi Ecosocialisti di Sinistra Anticapitalista, una due giorni convocata muovendo dall’esigenza di connettere e condividere gli interventi territoriali e l’elaborazione teorica prodotta dalle diverse realtà, in vista di un’attività pratica e teorica comune. Ben presto, però, è emerso il carattere seminale dell’appuntamento, gli atti del quale saranno prossimamente pubblicati sul sito [si fa riferimento qui al sito di Sinistra Anticapitalista]. Riportiamo in questa sede un sintetico bilancio della discussione.

La parola chiave è, e non può esser diversamente, ecosocialismo, ovvero un tentativo, effettivamente prolifico, di evoluzione teorica dell’anticapitalismo in senso marxista: ecosocialista è la nostra lettura della realtà e il nostro programma, comprensivi di ragionamenti e pratiche che pongono l’anticapitalismo alla base della comprensione dei meccanismi di dominio e di sfruttamento, su cui si struttura l’analisi di tutti gli altri movimenti di liberazione dalle oppressioni e che rende possibile immaginare pratiche di lotta che, pur mantenendo ognuna la sua specificità, si illuminano a vicenda. L’ecosocialismo è, allora, un metodo di analisi della realtà, un vero e proprio bagaglio di partenza per strutturare un programma di transizione e, insieme, un asse su cui incardinare il lavoro politico, teorico e pratico di lotta per tutte le soggettività oppresse dal modo di produzione capitalistico: i movimenti per la liberazione delle minoranze, dei migranti, delle identità queer, i movimenti antispecisti, quelli ambientalisti, fino a movimenti settoriali come quelli per l’acqua pubblica, o le battaglie locali in difesa del territorio, ecc.

Particolare importanza riveste il movimento di liberazione delle donne, sul quale i collettivi ecosocialisti esprimono l’intenzione di un forte investimento politico. Radicalizzare le rivendicazioni espresse da questo movimento significa potenzialmente incidere sulla riproduzione sociale, che ricade sulle spalle delle donne, e delle donne lavoratrici in particolare (con le donne immigrate in una condizione di ancor più dura oppressione). Agire sulle condizioni della riproduzione sociale, insolubili da quelle del modo di produzione di cui esse sono espressione e garanzia, e dare potere a tutti i soggetti oppressi che oggi sono costretti a farsene carico, significa esercitare democrazia effettiva, elemento imprescindibile per una pianificazione efficace dell’economia e per una gestione collettiva e razionale dello “scambio di materiale organico tra essere umano e il resto della natura”.

Solo definendo questo asse riusciremo a uscire da quella fiera dei movimenti della contemporaneità, in cui, in maniera genuina ma inefficace, ciascuno lotta per la singola vertenza e colleziona una o più battaglie-feticcio, nel peggiore dei casi addirittura in solitaria quasi che il singolo individuo possa cambiare davvero il mondo con il proprio, pur lodevolissimo, esempio. Le svariate, per quanto “buone” pratiche individuali, dal veganismo al consumo critico, all’ecosostenibilità, ecc, rischiano di essere, anche in chi si richiama al marxismo, un’altra fiera: quella dei moralismi. Un corto circuito di militanza in cui ci si rinfaccia le rispettive contraddizioni, perdendo di vista la contraddizione decisiva, quella del capitalismo.

L’ambizione di cambiare realmente le cose, di essere veramente rivoluzionari in tutti gli ambiti in cui il Capitale esercita il suo dominio, deve, invece, essere totale – quindi sociale e politica, e non individuale. Non ha scopo essere intransigenti nella ricerca di una purezza che quasi sempre si rivela nulla più di un nuovo mercato, normalizzato e inglobato dal capitalismo (vedi il business dell’ecosostenibile, o dell’alimentazione cruelty free); queste pratiche sono nicchie di mercato che mostrano ancora una volta quanto il capitalismo sia progressista quando lo è la domanda e conservatore quando la spinta del mercato è di tipo conservativo, al solito fine di creare nuove market opportunity che prima non esistevano. Questa critica non espunge, ma presuppone, la realizzazione del “programma massimo”, quello della liberazione totale, dell’essere umano, dei generi, degli altri animali, del pianeta.

Come organizzazione politica marxista intendiamo lavorare ad un “programma di transizione” che individui le tappe intermedie concretamente realizzabili, per avvicinarci alla rivoluzione anticapitalista. Non vogliamo rinunciare al campo della mediazione concreta, forse l’aspetto più difficile e più sguarnito dal disimpegno, dal qualunquismo, dall’isolazionismo moralista e da quel riduzionismo culturalista che pretende di risolvere i problemi del mondo semplicemente cambiando la narrazione del presente. In particolare, riteniamo che un programma ecosocialista di transizione debba fondarsi su due pilastri: la riduzione dell’orario di lavoro senza decurtazione di salario (e, anzi, insieme alla rivendicazione dell’aumento generalizzato dei salari), e un programma di investimenti pubblici per una riconversione ecosocialista dell’economia, sotto il controllo dei lavoratori e delle lavoratrici e delle loro organizzazioni.

Nell’immediato, i collettivi ecosocialisti decidono di impegnarsi in una campagna nazionale contro le privatizzazioni, come macro-argomento in grado di riassumere in modo organico le diverse resistenze territoriali sul terreno del lavoro, della gestione democratica e partecipativa dei servizi pubblici locali, della lotta alle politiche di austerità e della “debitocrazia”.

L’ecosocialismo rimane la “via maestra”, senza dogmatismi, anzi con il desiderio esplicito di una rivitalizzazione del pensiero marxista, di fornire, quindi, un contributo alla costruzione internazionale di un approccio rinnovato per comprendere e combattere tutte le contraddizioni prodotte e riorganizzate dal capitalismo, dal cambiamento climatico, dalle migrazioni di massa.

Partiamo dalla consapevolezza che l’asse centrale è la contraddizione tra Capitale e Lavoro, quella che tutti affrontiamo quotidianamente, quella per cui ci è ben chiara la necessità di abolire la società divisa in classi e il capitalismo. In fondo Marx stesso aveva superato quell’opposizione tra umanesimo e naturalismo che tuttora persiste in alcuni “movimenti” anticapitalisti. L’ecosocialismo di Sinistra Anticapitalista si propone quel superamento, si propone di lottare per una società liberata dal Capitale, e, quindi, libera per tutti e tutte, per gli esseri umani, gli altri animali e per il pianeta intero.

Lunedì prossimo il primo capitolo: Lo sfruttamento degli animali nel modo di produzione capitalistico di Barbara Balsamo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *