Proseguiamo la pubblicazione degli Atti del Primo seminario dei Collettivi Ecosocialisti di Sinistra AnticapitalistaQui trovate l’introduzione, qui il primo capitolo, qui il secondo capitolo, qui il terzo capitolo e di seguito il quarto capitolo.


di Marsia Comparoni

L’ecosocialismo propone una riflessione metamodellistica con l’obiettivo di ricomporre un quadro unitario dell’essere umano nel contesto storico-economico-sociale-esistenziale e in interazione con il pianeta. L’irrinunciabile scomposizione dell’oggetto di studio (ecologia, economia, psicologia ecc.) a nostro avviso presuppone anche la capacità di leggere inter-connessioni tra le discipline a partire da un’analisi materialistica e scientifica che inquadri come la struttura sia in grado di generare funzioni complesse. Individuiamo nella tematica dei desideri e dei bisogni umani uno dei punti cardine di diverse discipline proprio perché si tratta di un motore biologico di comportamenti non solo psicologici, ma psico-biologici in stretta relazione con comportamenti che regolano la sfera economica e organizzativa. Se la filosofia razionalista attribuisce all’uomo razionalità, responsabilità e capacità di operare scelte in base a intelletto, ragione e volontà, in controtendenza, pensatori come Hobbes avevano ipotizzato che il principio motivazionale dell’uomo fosse invece di tipo edonistico. Homo homini lupus è la spasmodica ricerca del piacere dell’uomo in competizione coi propri simili. La psicoanalisi confermerà poi che al di là di ogni schiacciante apparente raziocinio, sono le energie inconsce, gli istinti, le spinte originarie, l’Es, l’antagonismo fra pulsione di vita e pulsione di morte, a determinare il comportamento umano (Le pulsioni e i loro destini, in Metapsicologia, 1915). Per le discipline bio-mediche la forma basica di spinta comportamentale è il comportamento riflesso: sequenza di riflessi mediati dal midollo spinale, suscitati dalla stimolazione di specifici recettori indipendentemente dalle condizioni ambientali. Ad un livello più alto di complessità vengono individuate sequenze comportamentali specie-specifiche con spinte motivazionali istintive. Fino al comportamento motivato, intenzionale, per cui le azioni sarebbero compiute autonomamente dall’individuo anche in relazione a comportamenti istintivi (come quello sessuale o alimentare) mediante la capacità decisionale. Ma se avesse ragione la psicoanalisi, per cui nessun comportamento intenzionale sarebbe scevro dal vincolo pulsionale istintivo? Bypassando il quesito la psicologia applicata pare rimanere ancorata all’eredità dello psicologo statunitense, noto per i suoi studi sui processi motivazionali, Abraham Maslow. La Scala dei Bisogni – o piramide di Maslow, 1954 – pone alla base i cosiddetti bisogni primari (cibo salute, riposo) e in secondo luogo il bisogno di sicurezza, (di protezione, di certezze, di tranquillità). Al terzo livello trovano riconoscimento i bisogni sociali (appartenenza, amore, accettazione). Quasi in cima troviamo il bisogno di stima (di prestigio, rispetto, riconoscimento) e in vetta il bisogno di autorealizzazione. La scala verrà via via perfezionata, per esempio attraverso la teoria ERG (Existence needs, Relatedness needs, Growth needs). Ma per comprendere quanto ancora da esplorare sia la complessità dei bisogni basti pensare alle scoperte di Harry Harlow sull’attaccamento, che da metà del secolo scorso cambieranno i parametri della psicologia dell’età evolutiva dimostrando che il bisogno di contatto è prioritario addirittura rispetto al bisogno di cibo! A parità di fame le sue povere scimmiette avevano preferito una madre di pezza anche se sprovvista di latte piuttosto che una di metallo con il biberon! Se le teorie sull’attaccamento influenzeranno gran parte della pratica clinica, lo studio delle motivazioni pare invece svilupparsi prevalentemente sul versante cognitivista con una visione piuttosto autoreferenziale ed implicita delle variabili come stima, realizzazione, appartenenza, prestigio ecc. e ignorando che non si tratta di variabili neutre ma, pur attingendo a meccanismi morfo-genetici e biopsichici protomentali (Bion 1961) esse acquistano valore e significato nell’organizzazione economica in cui sono immerse. I numerosi contributi scientifici sono infatti investiti in larga scala nel cosiddetto mondo del lavoro a implicito sostegno della logica capitalistica. Attualmente, per esempio, la compravendita dei dati personali prodotti dai social virtuali ha meritato il nome di “nuovo petrolio”. L’elaborazione statistica psicometrica partorisce identikit di oggetti potenzialmente desiderabili in grado di far leva sulla vulnerabilità percettiva del consumatore. Schiere di ricercatori sono investiti nell’individuazione dei target di utenza e del cosiddetto fabbisogno implicito. Talmente implicito che inventare una vasta gamma di esplicitazioni diventa un gioco di prestigio. Altro versante su cui il capitalismo investe le scale di bisogni riguarda l’organizzazione stessa del lavoro, a partire dalla cosiddetta gestione delle risorse umane per esempio. Se consideriamo che proprio il concetto di bisogno è connaturato alla costituzione di una intera disciplina come l’Economia Politica, è ancora più chiara la centralità di questa variabile nel contesto capitalistico. Nel XVIII secolo fu messo a fuoco che il comportamento economico dell’individuo è legato alla sfera del suo bisogno, e che i beni sono utili perché soddisfano i bisogni. Nell’arco dell’ultimo secolo le scienze economiche paiono anche aver fortemente interagito con gli studi umanistici in vista della illusoria armonia sociale ma i vari concetti di bisogno, quello biologico, quello filosofico-psicologico e quello economico, a parte la condivisione di generiche classificazioni, rimangono per lo più paralleli o giustapposti e implicitamente interni al paradigma capitalistico. Potremmo affermare che proprio Marx abbia aperto la via ad una lettura dialettica biologica-economica-psicologica superando la pretesa di neutralità e disvelando come l’organizzazione capitalistica utilizzi gli istinti pulsionali al fine di aumentare il profitto. Agnes Heller in La teoria dei bisogni in Marx (1974) sostiene che l’intero impianto concettuale di Marx ruoti attorno al concetto della riduzione del bisogno umano a bisogno economico, definendo precisamente il processo di estraniazione capitalistica dei bisogni. Il bisogno viene ridefinito come processo storicoantropologico al punto che la genesi dell’uomo è osservabile come genesi dei  bisogni. Ma se la merce è “una cosa che mediante le sue qualità soddisfa bisogni umani di un qualsiasi tipo” (Marx, Il Capitale), il fine della produzione è tutt’altro che la soddisfazione dei bisogni! Il fine della produzione diventa la valorizzazione del capitale. Il sistema dei bisogni viene così determinato dalla logica del profitto e della divisione del lavoro. I bisogni della classe lavoratrice sono ridotti a quei beni di consumo senza i quali la classe lavoratrice stessa non può riprodursi nella .quantità e qualità richieste dal processo di accumulazione capitalistico. Ma sarà la stessa classe lavoratrice a trasformarsi anche in classe di acquirenti attraverso il processo di strumentalizzazione dei bisogni, che da scopo si fanno mezzo della produzione di massa. Questo fenomeno a oggi assume dimensioni talmente endemiche e strutturali da risultare invisibile al senso comune perché si intreccia sia con meccanismi istintivi che con la relativa costruzione dell’identità. Inoltre lo switch tra le discipline crea dei salti di livello che contribuiscono a mantenere oscura la comprensione della genesi e del perpetrarsi dello sfruttamento e progressivo abbrutimento dei bisogni umani. Ripartire da definizioni operative elementari di desiderio e di bisogno permette un dialogo interdisciplinare e la ricomposizione dell’essere vivente in cui la sua vulnerabilità psicofisica possa essere compresa e tutelata piuttosto che ingenuamente esposta sia allo sfruttamento capitalismo che a strumentalizzazioni ideologiche di altra natura sociale o religiosa. Innanzitutto il bisogno è fisiologicamente un’alterazione dell’omeostasi. La condizione disomeostatica può essere dovuta sia a carenza che a eccesso di stimolazione. In entrambi i casi si verifica un aumento di eccitazione (arousal attivazione) a partire da classi di stimoli in grado di attivare risposte di carattere pulsionale. I comportamenti pulsionali o istintivi, geneticamente programmati e i cui centri encefalici sono posti nella zona profonda del cervello con particolare ruolo dell’ipotalamo, hanno una natura bi-fasica. Una fase di natura appetitiva e una consumatoria in cui la componente appetitiva preparatoria (eccitazione, attenzione, vigilanza) è autopercepita soggettivamente come desiderio e la seconda come godimento-scarica di tensione. A partire da questa definizione programmatica elementare è possibile studiare il meccanismo del desiderio e del bisogno che sottende le complesse dinamiche che motivano il comportamento del consumatore/acquirente. In sintesi possiamo inquadrare il bisogno

– come stato di disomeostasi che innalza il livello di eccitazione (dall’arousal generale alla produzione di risposte)
– in cui è presente la componente connotativa soggettiva del desiderio in qualità di motore del comportamento, che a sua volta
– richiede una scarica (passaggio dalla fase appetitiva alla consumatoria del comportamento istintivo) verso un soddisfacimento specifico.

Dopo aver definito l’azione di uno stimolo (per stimolo sensoriale può essere inteso anche qualunque segnalazione massmediologica) e gli effetti che può produrre sui parametri istintivi che stanno alla base della percezione del desiderio e della sua soddisfazione, procediamo all’osservazione di qualche altra caratteristica del bisogno.

Trasformazione del desiderio

Se normalmente uno stimolo produce la sua specifica risposta (da uno stimolo che elicita la fame al comportamento del mangiare), il bisogno può nascere anche da stimoli afferenti ad un determinato sito cerebrale e successivamente commutati in un altro pace-maker encefalico. La stimolazione del sito encefalico che sottende per esempio al comportamento aggressivo, può essere inibita e incanalata sinapticamente nel vicino nucleo del comportamento oro-alimentare operando una sorta di trasferimento tra la fase appetitiva (rabbia) e la sua risposta consumatoria (mangiare al posto della risposta aggressiva). L’eccitazione neurale può essere cioè veicolata da un Sistema Funzionale (Anochin) ad un altro in base sia a meccanismi neuronali che a esperienze pregresse operanti. Questi meccanismi stanno alla base della possibilità umana di incanalare per lo più in modo inconsapevole, l’eccitazione nella direzione più economica dal punto di vista dello sforzo dell’Io. Se ci addentrassimo nelle tematiche del cosiddetto shopping compulsivo (che a ben vedere non è altro che l’esasperazione di un comportamento che invece è ritenuto normale quale appunto fare shopping) si comprenderebbe il significato momentaneamente rassicurante e di scarica di tensione che il gesto acquista nel quadro depressivo o ansioso-depressivo, alla ricerca di soddisfare un bisogno che in origine è di tutt’altro tipo!

Eccitazione cronica

Se l’individuo, per motivi legati all’esperienza sensoriale pregressa e alle caratteristiche dell’Io, non è nelle condizioni di realizzare il desiderio stimolato questo può essere non solo commutato in un comportamento compensatorio ma anche inibito a partire dai meccanismi basici cellulari. Anche i processi inibitori tutt’altro che eterei e insondabili, sono attuati mediante investimento della periferia corporea in termini di innalzamento di eccitazione. Lo stato di desiderio una volta elicitato permane cioè come stato di attivazione che richiede dispendiosi segnali compensatori di stop reatroattivo. Il desiderio potrà per esempio esitare in cronicizzazione (aprendo la strada a processi di eziopatogenesi), e in ogni caso porrà l’individuo in uno stato di eccitazione cronica alla ricerca di scarica consumatoria, in modalità cosciente o subliminale.

L’essere desiderante

La predisposizione umana allo stato di desiderabilità è dunque un dato fisiologico. Questo permette di comprendere costrutti di natura psicoanalitica altrimenti avvolti in un alone di mistero. Il desiderio/bisogno può dipendere (come ipotizza Lacan) dallo strappo dall’oggetto d’amore, o dalla pulsione di vita insita nell’individuo (per dirlo con Freud il quale, non dimentichiamo, definisce il neonato un “perverso polimorfo” che cerca di godere in ogni modalità possibile, orale, anale ecc.). Tutta la Psicologia si basa sull’assunto che le prime esperienze infantili (e per molti studi più recenti anche quelle prenatali) pongano le basi per la futura struttura di personalità individuale. La nascita, già da Freud, era considerata la prima esperienza di angoscia, talmente insopportabile ai fini della sopravvivenza da rendere necessario un luogo inconscio, un dimenticatoio, dove riporla. La separazione dalla simbiosi onnipotente e appagante pare predisporre l’essere umano allo stato di essere desiderante, in quanto mancante di quell’unità onnipotente che un tempo ha sperimentato e che poi si è persa con la formazione di un Io e di un Altro. Sono temi cari alla psicoanalisi e a tutti quegli studi direzionati a rileggere la storia mitologica dell’umanità (come la ricerca del santo Graal nelle svariate forme che assume nelle diverse culture) e delle vicende religiose (la ricerca di paradisi perduti). A noi qui interessa comprendere che l’essere umano nella sua permeabilità col mondo esterno e in rapporto con le proprie rappresentazioni interne è suscettibile di continue alterazioni dell’omeostasi attraverso stimoli che possono attivare schemi funzionali istintivi (o drive comportamentali appresi) la cui fase iniziale è percepita come desiderio.

Quali stimoli sono in grado di attivare la risposta istintiva?

Dal punto di vista della psicofisiologia lo stimolo può essere esterno o anche interno al soggetto. L’abbassamento del tasso di glucosio nel sangue che accende nell’ipotalamo ventro-mediale il centro della “fame” è un chiaro stimolo interno al corpo. Ma lo stimolo interno può essere anche generato da processi mentali rappresentazionali. Uno stimolo erogeno per esempio anche se solo immaginato può accendere la sequenza del comportamento sessuale. Oppure lo stimolo può provenire dal mondo esterno sotto forma di stimolo visivo, olfattorio, gustativo, acustico ecc. ed essere decodificato dagli appositi apparati sensoriali. Sia che lo stimolo sia immaginato che percepito, sappiamo che in entrambi i casi esita in rappresentazione mentale (immagine mentale) con relativa connotazione emozionale dello stimolo. Sia nell’immaginazione che nella percezione si crea cioè una rappresentazione mentale che attraverso circuiti riverberanti (i neuroni mirror della neurologia) è strettamente collegata con la periferia corporea (riproduzione inconsapevole del gioco di tensioni) e connotata sull’asse piacere/dolore. A questo punto la dinamica del consumatore rispetto all’oggetto del mercato assume una leggibilità operativa differente.

L’esempio della pubblicità

Prendiamo ad esempio le immagini pubblicitarie (esplicite o subliminali) che svolgono un ruolo importante nel gioco della compravendita e della costruzione del senso comune. Esse sottendono ad aspetti visivi per lo più archetipici e fisiologicamente legati alle pulsioni sensorial-istintive, come ben sanno i guru della Programmazione Neuro Linguistica che tanta competenza hanno messo al servizio del mercato. Le immagini pubblicitarie, a cui si dedicano fior fiori di registi e dietro le cui quinte abita la psicologia sperimentale, mirano ad essere stimoli attivatori di comportamento. Stimoli sensoriali in grado di attivare subliminalmente il comportamento del comprare. Per esempio: la donna di cartone al distributore di benzina rappresenta uno stimolo erogeno subliminale. Esso è potenzialmente in grado di far scattare il comportamento istintivo, in questo caso sessuale, seppure in modalità non cosciente e seppure solo nella sua componente preparatoria appetitiva. Il livello di eccitazione non raggiunge il piano di coscienza grazie ai meccanismi di difesa cognitivi e superegoici (per dirla con Freud) che hanno anch’essi una matrice fisiologica. Lo starter del comportamento istintivo viene dunque attivato e poi bloccato provocando un (seppur lieve) innalzamento di tensione (disomeostatico) o agito in direzione della scarica di tensione (con vissuto di piacere e momentaneo appagamento). Si può ipotizzare dunque che la donna nuda di cartone non sia solo teoricamente l’esca per far avvicinare il guidatore ignaro, ma essa rappresenta materialmente lo stimolo starter di un comportamento istintivo preparatorio (subliminalmente avvertibile come desiderio) teso ad attivarsi per il suo soddisfacimento. Per le caratteristiche che abbiamo visto sopra, i processi di arousal attivati da un Sistema Funzionale possono convergere in un Sistema Funzionale più accessibile alla risposta. Il comprare può facilmente diventare quel gesto di scarica che definisce lo stato di soddisfazione. La componente animale umana, seppur nascosta sotto comportamenti formalmente accettabili, modula esattamente il comportamento umano seppure in modalità non cosciente. Ed è a sua volta facilmente strumentalizzabile. Una volta che nel soggetto scatta l’appetito arcaico esso è praticamente soggiogato alla soluzione più diretta. Ciò che il mercato propone diventerà inoltre qualcosa di indispensabile per il soggetto perché è stato in grado di appagare momentaneamente i suoi desideri. Come il cane di Pavlov anche l’uomo può salivare di fronte allo stimolo atteso! Gli oggetti del mercato, resi desiderabili dalla modalità sensoriale della presentazione, e dall’apprendimento all’uso, diventano oggetti di soddisfazione. L’oggetto (merce) sarebbe in grado cioè di creare sia il desiderio verso se stesso che il bisogno di soddisfazione attraverso il suo acquisto.

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